Cornuto e mazziato. Sentenza choc a Napoli: condannato a pagare 6mila euro al mese per aver sopportato i tradimenti della moglie
Si conoscono, iniziano una relazione e subito si sposano. Ma dopo pochi anni di matrimonio, il marito trova la consorte su una spiaggia mentre scambia effusioni con il suo amante bagnino: “Mi stai tradendo?”, la domanda spontanea. “Giammai, io lo amo!”, la risposta amara.
Da qui venne fuori che la relazione durava già da diversi mesi. Lui le chiese di andare via se il suo cuore fosse stato di un altro, ma lei al cuore preferì il portafogli? Restò con il marito che probabilmente non amava, ma che, ricco possidente e brillante imprenditore, acconsentiva a rimanere con lei, anche perché gli era da poco nato un figlio. Ma il perdono, si sa, ha le gambe corte, peggio delle bugie. Nel tempo infatti, gli episodi di tradimento si ripeterono con altri uomini.
È la storia di F.L., facoltoso uomo d’affari napoletano e di sua moglie L.M., originaria di un piccolo paese umbro. Trascorsi dieci anni, il marito viene a conoscenza di altri, reiterati tradimenti, non ne può più e decide di lasciarla. Lei chiede di nuovo perdono e i due vanno dallo psicologo, per tentare una terapia di coppia (che sarà poi utilizzata da lei nei processi che seguiranno). Riprovano a restare insieme per qualche mese. Tentativo fallito, separazione, causa di divorzio.
Al danno si è aggiunta la beffa: i giudici della 1a Sezione Civile del Tribunale di Napoli, decidendo con sentenza del 20 settembre 2013 sulla causa di separazione, durata circa otto anni, con addebito per infedeltà della moglie, pur dichiarando che certamente quest’ultima fosse stata infedele numerose volte, non l’hanno ritenuta responsabile del fallimento del matrimonio. Questo perché i coniugi avevano voluto provare, per pochi mesi, a recuperare il matrimonio. Ma, anche in quel periodo, non ci fu pacifica convivenza.
Dalla sentenza si legge infatti che i giudici non mettono in dubbio la prima relazione extraconiugale della moglie “con un bagnino del lido T.” , né quelle “con il Sig. B.”, e neanche quelle “con il Sig. N.” In alcune occasioni fu la stessa donna ad ammettere le sue scappatelle, ad esempio con un dipendente di una compagnia telefonica, per il quale, però, precisò, non c’era alcun coinvolgimento emotivo. Una sera, proprio al ristorante di proprietà del marito recidivo nel perdono, arrivò il famoso signor B. con fidanzata, la quale voleva conoscere “l’affezionata” amica del suo compagno, poiché aveva trovato innumerevoli telefonate sul cellulare di quest’ultimo. La signora provò a spiegare che si trattava solo di un rapporto di amicizia, e anche lì, il povero uomo non poté che confermare le parole della moglie per non far esplodere il caso nel suo ristorante, e probabilmente per non mettere a repentaglio il matrimonio del Signor B.
E dunque non si dubita neanche dell’attendibilità del nostro imprenditore, che negli anni ha mantenuto un comportamento civile e corretto, soprattutto in virtù del legame con il figlio, che ha cercato di tutelare e proteggere dalle squallide circostanze. Forse però, proprio questo suo sopportare con discrezione e garbo, ha fatto sì che i giudici abbiano sentenziato che “tali relazioni extraconiugali non possono in alcun modo essere ritenute la causa dell’intollerabilità della separazione: le possibili ricadute negative dei tradimenti erano, infatti, non solo affrontate civilmente dalla coppia, ma anche metabolizzate e superate …”. Questo quanto si legge dal provvedimento giudiziario emesso qualche giorno fa.
Il marito, dopo la singolare sentenza, si chiede che cosa avrebbe dovuto fare affinché fosse chiaro che avesse semplicemente provato ad affrontare la questione in maniera civile tentando, invano, di ricomporre i cocci di un matrimonio fallito per le infedeltà della moglie. Come si dice a Napoli è finito “cornuto e mazziato”: i giudici hanno premiato la moglie, riconoscendo per lei e per l’unico figlio un mantenimento mensile di circa seimila euro, disponendo il sequestro sui beni del marito e condannandolo persino alle spese di lite.
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